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Cinquanta anni fa a Viverone
Nel 1959 l'ing. Alessandro Fioravanti, un funzionario della Cassa del Mezzogiorno, scopre nel lago di Bolsena un villaggio di palafitte, l'insediamento villanoviano del Gran Carro. La Base Sperimentale di Tecnica Archeologica Subacquea di Bolsena, dove l'ingegnere ospita annualmente i volontari che negli anni seguenti lo raggiungono, desiderosi di formarsi nell'uso delle tecniche necessarie alla nuova disciplina della Archeologia delle Acque interne, diventa quindi il punto di riferimento per gli studiosi ed operatori italiani. È appunto leggendo un articolo di Fioravanti su "Mondo Sommerso" nel 1966, "La Pompei nel lago", che Guido Giolitto, un piccolo industriale torinese che all'epoca fabbrica giocattoli, ha una intuizione.
Giolitto ha fatto costruire sulle rive del lago di Viverone, oggi in provincia di Biella, una villa per le vacanze; parlando con i pescatori del luogo, ha appreso della presenza nel lago, in vicinanza della riva nord-
Giolitto si improvvisa sommozzatore: aquista un Aquanaut, un compressore galleggiante che permette immersioni a bassa profondità, e comincia ad esplorare sistematicamente la zona indicata dai pescatori. La visibilità è pessima, a volte procede a tentoni, ma i risultati non mancano: ci sono pali, evidentemente infissi per opera dell'uomo, ma anche altre tracce di industria umana: frammenti di manufatti ceramici, addirittura oggetti di metallo, ossa di animali scheggiate .
Giolitto inizia una corrispondenza con l'omologo di Bolsena, e prende contatto con don Carlo Rolfo, parroco del vicino paese di Piverone, appassionato di storia locale. Questi lo indirizza al professor Carducci, Soprintendente Archeologico per il Piemonte, a Torino. Siamo nel 1971. Giolitto è un omone semplice: pesa 96 chili, ma quando sale le scale di Palazzo Chiablese a Torino, sede della Soprintendenza, si sente battere forte il cuore. Ma il Soprintendente è affabile: e quando Guido tira fuori dalle tasche il fazzoletto dove ha raccolto qualche coccio ed un frammento di bronzo, non ha dubbi: è una scoperta importante -
Dal 1966 al 1975 la Soprintendenza affida a Gruppi Archeologici che dispongono di sommozzatori -
Sempre nel 1976, la Soprintendente Clelia Laviosa affida ad un giovane Ispettore, Luigi Fozzati, la direzione del Cantiere di Viverone, nel quadro del progetto AMI (Anfiteatro Morenico di Ivrea) diretto dal prof. Francesco Fedele; un programma di ricerca antropologica interdisciplinare. È il primo cantiere archeosub in Italia gestito direttamente da una Soprintendenza. A Viverone si susseguono per un ventennio campagne annuali, effettuate anche grazie a operatori volontari, preparati con Corsi per Operatori Tecnici organizzati a Desenzano del Garda, Biella, Arona, Milano, che permettono di identificare meglio quattro distinti insediamenti -